RUSSIAN CARAVAN
Ho
inseguito un ricordo di profumi e di gusto del passato. Si tratta di un ricordo
dei giorni della prigionia di Aldo Moro. Né io né il mio compagno di studi
avevamo nulla a che fare con il presidente della DC, ma ogni notiziario tv, la
Repubblica, riferivano dei comunicati delle br, delle indagini, del dibattito
sulle trattative, dell'appello di Paolo VI agli uomini che trattenevano Aldo
Moro, parlavano solo di quel covo misterioso che nessuno trovava e si
chiedevano cosa Moro volesse dirci nelle sue lettere. Era "lui" a
parlare oppure era minacciato e parlava sotto dettatura, sopraffatto dalla
paura? Il mio amico preparava il tè come un sapiente maestro giapponese ma
secondo l'uso rigidamente inglese. Aveva una ricca collezione di scatole di latta
Twinings che completavano ogni varietà del catalogo, secondo le disponibilità
del miglior negozio di Genova. Non usava i filtri ma un ovulo di acciaio
bucherellato molto usato che non aveva mai conosciuto i detersivi. Lo stesso
valeva per la teiera, in cui inseriva l'ovulo dopo averla preriscaldata con
acqua calda che veniva rimessa nel bollitore. L'acqua bollente era poi versata
sull'ovulo, la teiera richiusa rapidamente e coperta con un copriteiera di lana
rivestito di quadri patchwork. Mi disse che l'aveva fatta arrivare da Londra.
Ogni varietà di tè aveva una preparazione differente a seconda delle proprie
caratteristiche o degli usi dei popoli che l'amavano. Lo stesso tipo di tè in
India veniva bevuto amaro e bollente e in Inghilterra invece con un filo di latte.
Nel Tibet, ci si aggiungeva il burro di yak. Scartando i due estremi, noi lo
bevevamo amaro come gli indiani. Neanche a me piace il latte nel tè. Non
penserei mai di aggiungervi del burro. Eppure, appena incontro uno yak, ci
provo... Non faccio in tempo a terminare di preparare il burro... che lo yak è
già svanito. Non ci sono più gli yak di una volta...
Non
ci sono più i Twinings di una volta, di quando a metà mattina o dopo pranzo o
alle cinque sceglievamo tra Formosa Oolong, Spiced tea, Lemon scented, Orange
Pekoe, Gunpowder green tea, Vintage Darjeeling, English Breakfast, Irish tea,
Jasmine, Prince of Wales, Earl Grey, Lapsang Souchong, China black, Darjeeling,
Peach tea, Russian Caravan. Il mio ricordo riguarda quest'ultimo tipo, che mi
evocava carovane di mercanti e cammellieri minacciati dai predoni, diretti
dalla Cina alla Russia zarista con quella merce preziosa per i nobili russi e
la stessa corte imperiale. Il ricordo di quel profumo e di quel gusto è svanito
completamente, sebbene io, ben fornito dalla natura di organi di senso con
buona memoria, non mi rassegni a questa totale perdita. Nel tentativo di un
richiamo ormai abbondantemente fuori tempo massimo per ogni tipo di vaccino o
esperienza sensoriale, trovandomi a Mazzetta nella più antica drogheria di
Spezia (conserva nell'insegna che corre su ogni lato esterno del negozio
l'obsoleta scritta COLONIALI), ho chiesto al commerciante, antico del mestiere,
buttandogli là quel nome, se avesse quello oppure lo Spiced tea, mai
ritrovati da quegli anni settanta. L'ultimo non l'aveva mai sentito, forse lo
avevo pronunciato un po' troppo 'british', ma al primo ebbe una reazione. La
Russia gli aveva ispirato un grosso contenitore di spesso vetro, chiuso ermeticamente
con una molla. Mi disse: "Si abbassi la mascherina e senta un po'
questo... ". Ammiccava come a un intenditore, perché gli avevo già
acquistato cinque confezioni di Lapsang Souchong, il mio gusto esotico
preferito. Cento filtri in tutto. Questo era sfuso e alla vista appariva come
foglioline grandi nere e di tinta marrone mescolate insieme. Un profumo
buonissimo, che mi diede una sensazione di novità assoluta, una bontà
stupefacente, il profumo più buono al mondo, al terzo posto solo dopo quello di
una mamma per un figlio e dopo quello della pelle dei neonati. Ero senza
occhiali e non riuscii a leggere tutta la lunga scritta sotto il collo della
boccia di vetro. Intercettai le scritte che il droghiere mi leggeva a voce
alta: "Gout rousse", non Russian Caravan, quindi me ne distolse per
un attimo proponendomi a forza sotto il mio naso un'altra boccia di un ottimo
Jasmine. Il migliore che abbia mai annusato, forse potrebbe essere il migliore
anche secondo il gusto. Questo era anche delizioso a vedersi. I fiori bianchi e
celesti davano un gradevole contrasto. Mi disse i prezzi, ricordo che il gout
rousse costava sette euro l'etto. Dissi: "Me ne faccia per dieci!".
Proprio così, lo formulai come un ordine entusiastico ma per nulla cortese. Non
mi dette peso, pesandomi le foglioline e versandole in un bel sacchetto
trasparente con una scritta dorata:
"Jasmine
non ne vuole?"
"Per
adesso, no!"
Aggiunsi:
"Grazie".
Per
riprendermi dalla soddisfazione dell'acquisto, aggiunsi una tavoletta di
cioccolata fondente al 72 % di cacao Lindt, e per la scelta della marca, non
eccellente secondo lui, lo delusi, era evidente, e così mi congedò dopo aver
accettato il pagamento contactless, con un "Grazie, arrivederci! Torni a
trovarci!" e dedicandosi ai successivi clienti che avevano creato un'imbarazzante
covid coda nel negozio.
La
storia del "Gout Rousse" non è finita, come meriterebbe, in una
teiera con l'acqua calda, non ancora. Spillo quest'esperienza come nel poker, o
dopo l'acquisto di un'ottima bottiglia, aspettando un'occasione alla stessa
altezza. Intanto, ho cercato su internet ed ho trovato i Dammann Frères,
un'azienda antica per la quale, nel 1950, Jean-Lafond Jumeau creò questa
miscela di tè nero con oli essenziali di agrumi con la predominanza del
bergamotto. E’ la prima delle miscele Dammann Frères, peraltro fondata nel
1925. Per chi è interessato, su YouTube ci sono alcuni video molto curati che
presentano questo brand francese. Se anche l'occhio vuole la sua parte, tanto
più la Francia rimpiange la sua parte di colonie (e si scopre che ha le mani in
pasta pure nei commerci del tè - non solo nei sottomarini nucleari). Macron ha
ritirato l'ambasciatore da Washington, in un non lontanissimo passato i
francesi erano alleati di ribelli americani che avevano buttato in mare un
intero carico di ottimo tè inglese.
La
Storia si ricapitola.
Se
non ho ancora assaggiato il "Gout Rousse" c'è un'altra ragione:
voglio prima finire di dire che, ritrovata la R4 rossa e scopertovi il cadavere
di Moro, il PCI di Genova spedì una velina alla questura. Il questore e i
magistrati la ignorarono ma un vice questore ambizioso si assunse la
responsabilità di organizzare un assedio notturno di 400 tra poliziotti e
carabinieri alla Casa dello Studente di via Asiago, dove, secondo la cellula
del PCI, si annidavano le BR. Io, che dormivo in una di quelle camere intestata
alla mia fidanzata e a una sua compagna che era altrove, fui svegliato all'una
di notte e, come abusivo, fui portato in una cella in questura insieme con
altri quaranta abusivi come me, poi interrogati nella sera del giorno dopo a
Marassi da un magistrato. Vedendolo, i gravi timori di un avvenuto colpo di
stato, nell'assenza d'informazioni e accuse certe, sfumarono ridandoci il
sollievo che c'era ancora lo stato di diritto, pur minato dalla Legge Reale.
L'imputazione non fu formulata perché fummo tutti prosciolti perché le rate di
affitto per i letti che avevamo occupato come ospiti erano regolarmente pagate
dagli intestatari. Solo un incauto e sprovveduto che aveva trattenuto un
volantino br trovato dopo un loro lancio nei bagni rimase dentro, ma poi fu
assolto... L'aveva conservato per farlo vedere agli amici del bar del suo
paesino dell'entroterra genovese.
La
mia fototessera era sulla prima pagina del Corriere Mercantile. La vide solo il
bidello del mio ex liceo. Seppe della storia di quelle 20 ore il padre della
mia fidanzata che quindi non diventò più mio suocero, poco dopo smisi di
studiare, feci un corso da operatore di macchine utensili, chiusi con Genova e
diventai tornitore. L'effetto farfalla dell'Affare Moro fece scatenare un
uragano sopra via Asiago e un ciclone nella mia vita.
Ora
posso farmi quel tè. Chissà che fine ha fatto quel mio compagno di studi? Aveva
una Mini Minor con i comandi modificati perché aveva una mano offesa. Abitava
vicino a piazza Corvetto.
Ciao,
Superba!
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