RUSSIAN CARAVAN


Paolo Luporini

Ho inseguito un ricordo di profumi e di gusto del passato. Si tratta di un ricordo dei giorni della prigionia di Aldo Moro. Né io né il mio compagno di studi avevamo nulla a che fare con il presidente della DC, ma ogni notiziario tv, la Repubblica, riferivano dei comunicati delle br, delle indagini, del dibattito sulle trattative, dell'appello di Paolo VI agli uomini che trattenevano Aldo Moro, parlavano solo di quel covo misterioso che nessuno trovava e si chiedevano cosa Moro volesse dirci nelle sue lettere. Era "lui" a parlare oppure era minacciato e parlava sotto dettatura, sopraffatto dalla paura? Il mio amico preparava il tè come un sapiente maestro giapponese ma secondo l'uso rigidamente inglese. Aveva una ricca collezione di scatole di latta Twinings che completavano ogni varietà del catalogo, secondo le disponibilità del miglior negozio di Genova. Non usava i filtri ma un ovulo di acciaio bucherellato molto usato che non aveva mai conosciuto i detersivi. Lo stesso valeva per la teiera, in cui inseriva l'ovulo dopo averla preriscaldata con acqua calda che veniva rimessa nel bollitore. L'acqua bollente era poi versata sull'ovulo, la teiera richiusa rapidamente e coperta con un copriteiera di lana rivestito di quadri patchwork. Mi disse che l'aveva fatta arrivare da Londra. Ogni varietà di tè aveva una preparazione differente a seconda delle proprie caratteristiche o degli usi dei popoli che l'amavano. Lo stesso tipo di tè in India veniva bevuto amaro e bollente e in Inghilterra invece con un filo di latte. Nel Tibet, ci si aggiungeva il burro di yak. Scartando i due estremi, noi lo bevevamo amaro come gli indiani. Neanche a me piace il latte nel tè. Non penserei mai di aggiungervi del burro. Eppure, appena incontro uno yak, ci provo... Non faccio in tempo a terminare di preparare il burro... che lo yak è già svanito. Non ci sono più gli yak di una volta... 

Non ci sono più i Twinings di una volta, di quando a metà mattina o dopo pranzo o alle cinque sceglievamo tra Formosa Oolong, Spiced tea, Lemon scented, Orange Pekoe, Gunpowder green tea, Vintage Darjeeling, English Breakfast, Irish tea, Jasmine, Prince of Wales, Earl Grey, Lapsang Souchong, China black, Darjeeling, Peach tea, Russian Caravan. Il mio ricordo riguarda quest'ultimo tipo, che mi evocava carovane di mercanti e cammellieri minacciati dai predoni, diretti dalla Cina alla Russia zarista con quella merce preziosa per i nobili russi e la stessa corte imperiale. Il ricordo di quel profumo e di quel gusto è svanito completamente, sebbene io, ben fornito dalla natura di organi di senso con buona memoria, non mi rassegni a questa totale perdita. Nel tentativo di un richiamo ormai abbondantemente fuori tempo massimo per ogni tipo di vaccino o esperienza sensoriale, trovandomi a Mazzetta nella più antica drogheria di Spezia (conserva nell'insegna che corre su ogni lato esterno del negozio l'obsoleta scritta COLONIALI), ho chiesto al commerciante, antico del mestiere, buttandogli là quel nome, se avesse quello oppure  lo Spiced tea, mai ritrovati da quegli anni settanta. L'ultimo non l'aveva mai sentito, forse lo avevo pronunciato un po' troppo 'british', ma al primo ebbe una reazione. La Russia gli aveva ispirato un grosso contenitore di spesso vetro, chiuso ermeticamente con una molla. Mi disse: "Si abbassi la mascherina e senta un po' questo... ". Ammiccava come a un intenditore, perché gli avevo già acquistato cinque confezioni di Lapsang Souchong, il mio gusto esotico preferito. Cento filtri in tutto. Questo era sfuso e alla vista appariva come foglioline grandi nere e di tinta marrone mescolate insieme. Un profumo buonissimo, che mi diede una sensazione di novità assoluta, una bontà stupefacente, il profumo più buono al mondo, al terzo posto solo dopo quello di una mamma per un figlio e dopo quello della pelle dei neonati. Ero senza occhiali e non riuscii a leggere tutta la lunga scritta sotto il collo della boccia di vetro. Intercettai le scritte che il droghiere mi leggeva a voce alta: "Gout rousse", non Russian Caravan, quindi me ne distolse per un attimo proponendomi a forza sotto il mio naso un'altra boccia di un ottimo Jasmine. Il migliore che abbia mai annusato, forse potrebbe essere il migliore anche secondo il gusto. Questo era anche delizioso a vedersi. I fiori bianchi e celesti davano un gradevole contrasto. Mi disse i prezzi, ricordo che il gout rousse costava sette euro l'etto. Dissi: "Me ne faccia per dieci!". Proprio così, lo formulai come un ordine entusiastico ma per nulla cortese. Non mi dette peso, pesandomi le foglioline e versandole in un bel sacchetto trasparente con una scritta dorata: 

"Jasmine non ne vuole?" 

"Per adesso, no!" 

Aggiunsi: "Grazie". 

Per riprendermi dalla soddisfazione dell'acquisto, aggiunsi una tavoletta di cioccolata fondente al 72 % di cacao Lindt, e per la scelta della marca, non eccellente secondo lui, lo delusi, era evidente, e così mi congedò dopo aver accettato il pagamento contactless, con un "Grazie, arrivederci! Torni a trovarci!" e dedicandosi ai successivi clienti che avevano creato un'imbarazzante covid coda nel negozio. 

La storia del "Gout Rousse" non è finita, come meriterebbe, in una teiera con l'acqua calda, non ancora. Spillo quest'esperienza come nel poker, o dopo l'acquisto di un'ottima bottiglia, aspettando un'occasione alla stessa altezza. Intanto, ho cercato su internet ed ho trovato i Dammann Frères, un'azienda antica per la quale, nel 1950, Jean-Lafond Jumeau creò questa miscela di tè nero con oli essenziali di agrumi con la predominanza del bergamotto. E’ la prima delle miscele Dammann Frères, peraltro fondata nel 1925. Per chi è interessato, su YouTube ci sono alcuni video molto curati che presentano questo brand francese. Se anche l'occhio vuole la sua parte, tanto più la Francia rimpiange la sua parte di colonie (e si scopre che ha le mani in pasta pure nei commerci del tè - non solo nei sottomarini nucleari). Macron ha ritirato l'ambasciatore da Washington, in un non lontanissimo passato i francesi erano alleati di ribelli americani che avevano buttato in mare un intero carico di ottimo tè inglese. 

La Storia si ricapitola. 

Se non ho ancora assaggiato il "Gout Rousse" c'è un'altra ragione: voglio prima finire di dire che, ritrovata la R4 rossa e scopertovi il cadavere di Moro, il PCI di Genova spedì una velina alla questura. Il questore e i magistrati la ignorarono ma un vice questore ambizioso si assunse la responsabilità di organizzare un assedio notturno di 400 tra poliziotti e carabinieri alla Casa dello Studente di via Asiago, dove, secondo la cellula del PCI, si annidavano le BR. Io, che dormivo in una di quelle camere intestata alla mia fidanzata e a una sua compagna che era altrove, fui svegliato all'una di notte e, come abusivo, fui portato in una cella in questura insieme con altri quaranta abusivi come me, poi interrogati nella sera del giorno dopo a Marassi da un magistrato. Vedendolo, i gravi timori di un avvenuto colpo di stato, nell'assenza d'informazioni e accuse certe, sfumarono ridandoci il sollievo che c'era ancora lo stato di diritto, pur minato dalla Legge Reale. L'imputazione non fu formulata perché fummo tutti prosciolti perché le rate di affitto per i letti che avevamo occupato come ospiti erano regolarmente pagate dagli intestatari. Solo un incauto e sprovveduto che aveva trattenuto un volantino br trovato dopo un loro lancio nei bagni rimase dentro, ma poi fu assolto... L'aveva conservato per farlo vedere agli amici del bar del suo paesino dell'entroterra genovese. 

La mia fototessera era sulla prima pagina del Corriere Mercantile. La vide solo il bidello del mio ex liceo. Seppe della storia di quelle 20 ore il padre della mia fidanzata che quindi non diventò più mio suocero, poco dopo smisi di studiare, feci un corso da operatore di macchine utensili, chiusi con Genova e diventai tornitore. L'effetto farfalla dell'Affare Moro fece scatenare un uragano sopra via Asiago e un ciclone nella mia vita.

Ora posso farmi quel tè. Chissà che fine ha fatto quel mio compagno di studi? Aveva una Mini Minor con i comandi modificati perché aveva una mano offesa. Abitava vicino a piazza Corvetto.

Ciao, Superba!


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