Sulla guerra incivile del DAMS, 1971/1979


Gian Paolo Ragnoli

Nel centro di quello che avvenne alle origini del corso di laurea DAMS di Bologna ci porta un libello anonimo di una cinquantina di pagine, firmato da una fantomatica Matricola 13, Sulla guerra incivile del DAMS.1971/1979. Pubblicato da Modo Infoshop nella collana “Fotocopie”, costa tre euro e si può comprare presso la stessa libreria bolognese di via Mascarella. 

Il taglio è rapido, fatto di citazioni, di ricordi di frasi (forse) pronunciate in quegli anni cruciali, con folgoranti analisi non sulle intenzioni degli inventori del corso di laurea, ma sugli esiti che ebbe nel raccogliere una popolazione di studenti che non volevano stare nei ranghi, capelloni, sballati, teatranti d’avanguardia, cineasti sperimentali, guerriglieri semiologici, cultori di altre musiche, artisti situazionisti, boccaloni, falsificatori, postpolitici... 

La quarta di copertina rivela: “Breve manuale dadadams”, perché nel ’77 si scandiva nei cortei “da-da-da-dams”, e si scriveva sui muri “dadadams”, portando il movimento di Tzara e compagni, con il suo gusto della provocazione, per le strade porticate di Bologna, con cortei aperti da sputafuoco e da draghi cinesi composti con pezze di variopinti colori cucite come un lungo corpo, indossato da decine di studenti. 

Continua, la quarta di copertina: “Scritto al presente. Resuscita gli artefici caduti nell’oblio. Qui vi sono inedite falsità e dimenticate verità”. Dimenticate verità e inedite falsità, come si usava intorno a quel 1977, quando per la cattedra di Paolo Fabbri alcuni studenti tennero un corso sulla falsificazione: fu mandato in pappa il Settimo Celere, venuto a proteggere Andreotti, intervenendo, con riproduzioni di chiavi, sulle cassette di comando dei semafori; si fornirono ai partecipanti al convegno contro la repressione del settembre 1977 i biglietti (falsificati) per tornare nei luoghi di provenienza (erano molto diversi dagli odierni, talloncini su cartoncino).

Falsità vere e verità dimenticate: il taglio è veloce, sembra scritto da Freak Antoni (se solo fosse ancora vivo), ricorda i protagonisti, i professori rivoluzionari come Giuliano Scabia e Gianni Celati e alcuni studenti, Calabrò, Ruggeri, Barbi, Furlò, Palandri, Piersanti e molti altri, con una dedica a Luciano Capelli, uno dei fondatori di Radio Alice, che poco dopo il ’77 andò via da Bologna, come molti altri, e visse e morì in Centro America, sempre dalla parte degli ultimi.

Ci sono spunti divertenti, come questo, che racconta tempi labirintici: “Scabia e Celati sono degli stradisti, vai da uno e ti dice di andare in mezzo alla strada, vai dall’altro e ti dice che hai sbagliato strada (attribuita a Marino, o a Quaranta, probabilmente Melquiades)”. Ci sono quelli folgoranti come: “Qual è la materia che si insegna al Dams? Oculistica, impari a vedere (attribuita a Tondelli o a Marinelli, probabilmente Grignaffini)”. 

Si legge: “I damsiani sono di varie specie, ma tutte sconosciute ai bolognesi, popolo che sa tutto del maiale ma nulla di Majakovskij (attribuita a Capelli, o a Saviotti, probabilmente Evola)”. Molte raccontano il Dams come un corpo estraneo alla città, che evade dai miti bolognesi, che prova a sovvertire lo status quo di una città chiusa su sé stessa, su un Pci che cerca di controllare tutto. Si ricorda lo slogan del ’77: “Seee vuoi l’indirizzo di una spiaaa vai al 4 di via Barberiaaa”, allora sede della federazione Pci più grande d’Europa, poi per ironia della sorte, quando il partito si è venduto i suoi gioielli, sede del Dams. 
“In questa città dedita alla precisione metalmeccanica si sgrana una metalinguistica dedita alla confusione. Imprecisione nel regno della precisione. Disordine contro ordine”.

All’inizio Matricola 13 racconta la condizione, la sensazione degli studenti, dei giovani dei primi anni Settanta, con il refrain: “Contiamo un cazzo”, nell’Italia di piombo e di compromessi storici, di disoccupazione e crisi, delle sacche d’aria delle prime radio libere… E allora: “Ci siano iscritti a questa Facoltà nuova che poi non è una facoltà, ma qualcosa di facoltativo […]. Lo spreco di Dams: una gioventù accattona che non gli frega di diventare commercialista. Arte, solo arte di corpi confusi, ad arte”.

E questi, si dice a un certo punto, sono solo i ricordi di una parte degli studenti, inizialmente con matricola a due cifre, poi a tre, quindi a quattro, poi ancora migliaia con la diffusione dei Dams in tutta Italia. E Matricola 13 lascia alla fine un paio di pagine vuote perché la Matricola XYZ segni, consegni, i propri di ricordi.

Per concludere i discorsi una frase nello spirito di “A/Traverso”, rivista nata nel giro di Radio Alice, attribuita a Matteo Guerrino: “La Rivoluzione è Finita. Abbiamo Vinto!”, tutto con le maiuscole.

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