I MIEI PRIMI 68 ANNI


RUDI VEO
Ci abitui male...
Chiederemo sempre di più!

13 agosto 2023 
Se mai scriverò qualcosa di un po’ più lungo di un racconto, e di certo più breve di un romanzo, riguarderà i viaggi estivi negli anni del Liceo.
Due anni in particolare furono  memorabili, il '72  e più ancora il '73.
In quell’anno, di appena mezzo secolo fa, viaggiai molto, alla fine dell’estate furono più i giorni trascorsi in giro di quelli vissuti a casa.
Iniziammo subito, era da pochi giorni finita la quarta, e senza un particolare progetto iniziammo un vagabondaggio, durato poi quasi un mese.
La Francia vicina al confine della Liguria, poi le Alpi Cozie, e da là ci trasferimmo in Toscana e poi Umbria, e per finire nel porticciolo di Seccheto, isola d’Elba, dove trascorremmo un'ultima settimana dormendo in spiaggia, adottati da alcuni bambini in vacanza che ci svegliavano con un po’ di colazione. Per tutto il mese, fatto di treni, autobus e camminate, non dormimmo mai in un letto, tranne che una notte di rifocillaménto dai miei nonni. 
Chiudevamo gli occhi sotto le stelle o sotto la volta più stretta segnata dal telo della tenda canadese.
Rientrato a Spezia, ci rimasi giusto le due restanti settimane di Luglio per ripartire di nuovo verso la Francia, Borgogna, questa volta. 
Lì imparai le prime parole in francese grazie ad una canzone molto popolare che narrava di un dialogo tra una persona e la bottiglia. Diceva qualcosa del tipo: 
“O bella bottiglia, santa bottiglia, vuoi lasciarmi tranquillo, voglio andarmene e mollarti, voglio ricominciare la mia vita.“, 
testo che in Borgogna aveva di sicuro un senso; e di sicuro devo aver anche compiuto diciott’anni da quelle parti, sempre sotto una tenda, ma questa volta una tenda enorme, una di quelle da campo, che ospitava giovani da tutta Europa e anche più in là.
Diciott’anni nel '73 non significavano ancora la maggiore età e inoltre non davo particolare attenzione a quella scadenza: essere così libero e in quel contesto era una festa ogni giorno, un regalo infinito. Ci tornai ancora da quelle parti con altri amici, a settembre, che tanto le scuole prima di ottobre non erano nemmeno degne di menzione.
Sempre in quell’anno era uscito un disco che ha segnato un’epoca, che ha visto tecnologie di registrazione di un nuovo e alto livello, negli studi di Abbey Road. Un disco che è stato nelle classifiche di vendita per mesi ed anni. 
Il disco Dark Side of the Moon lo ascoltai la prima volta da un amico e compagno di scuola, col quale, peraltro, avevamo fatto un altro memorabile viaggio l’estate precedente, lungo l’Appenino reggiano. Ricordo che nelle soste, tra un lambrusco e tagliatelle, partite a biliardo e gelati, in questi paesini sui cocuzzoli delle colline, da fiaba, nei juke box si poteva ascoltare un brano, strumentale, tratto dal precedente album dei Pink Floyd, Meedle, si trattava di One of these days.
Dark side of the moon lo comprerò solo dieci o quindici anni dalla sua uscita, ma era difficile non sentirlo anche negli anni che hanno preceduto il mio acquisto.  Ora in questa rivisitazione del '73, che ogni tanto noi - noi inteso come  io e tutti gli altri abitanti della mia mente - ci facciamo, mi è venuta la pessima idea  di fare una versione di una delle più significative canzoni di quel album cioè Brain Damage, danno cerebrale, la canzone dove pare sia presente con una risata Syd Barret, il primo chitarrista dei Pink Floyd, il diamante folle, quello che ha chiuso la porta gettando via la chiave, e se c’è qualcuno nella mia testa non devo essere io.
Ho chiesto con una scusa all’amico che per primo mi aveva fatto sentire il disco di mandarmi una sua risata registrata e così il più era fatto. Fortunatamente il mio amico non ha condiviso il destino di Barrett, ma la follia declinata in varie sfumature, nei momenti più imprevisti o anche in quelli, per chi guarda da fuori piuttosto prevedibili, fa parte di noi, di ognuno di noi. 
A volte dura attimi, a volte sfugge di mano, a volte ci accompagna in viaggi ad occhi aperti, d’altronde noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita (ovviamente questa non è opera mia). 
Bene, tra le altre cose oggi è pure il mio compleanno, grazie a tutti quelli che mi hanno fatto gli auguri, grazie di cuore, ma faccio mia la dichiarazione di Marc Augé riguardo alla sua età  “Posso dichiararla ma non ci credo.“
Rudi

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