HO FATTO ANCHE IL DJ


Più che un semplice DJ, io fui per Radio Popolare Alternativa uno dei fondatori e, nella sede di San Venerio, poiché le fondamenta di quella stalla esistevano già da forse cinquecento anni, vi costruii il bagno, scavando con il piccone e lo scalpello per frantumare il sasso di cui era costruita quella solidissima stalla. Stesi la moquette, applicai alle pareti i cartoni delle uova che avevamo tutti raccolto nei mercati cittadini e nei nostri negozio di alimentari. Servivano in funzione anti-ecoica. Quando venne montato il cristallo che isolava la sala di trasmissione, iniziarono le trasmissioni di prova e poi quelle regolari, “con cassette registrate e programmi veri e propri in diretta. Mi cimentai in una breve serie iniziale di un programma comico che imitava Alto Gradimento[1]. Eravamo io e Giovanni Copelletti e ospitavamo amici che interpretavano i nostri personaggi comici. Me ne ricordo uno, un venditore di tappeti proveniente dal Congo. Bagongo era molto insistente e ogni volta gliene compravamo uno. Avevamo ovviamente il telefono e ricevetti persino una telefonata da un’ammiratrice, Francesca, l’unica che ci ascoltava, che era talmente ben disposta che ci fece i complimenti. Fabrizio Canese, tecnico della radio, sosteneva che erano necessari sempre più soldi per ovviare ai problemi tecnici.” Arrivammo persino al punto di sostenere una raccolta supplementare di fondi firmando decine di cambiali a scadenza mensile. Per quello che invece riguardò l’aspetto ludico e gioiso,“io mi calai nella parte di Lupo solitario, il personaggio prestato da American Graffiti, curando una trasmissione con vere lezioni sul Rythm & Blues, sul rock & roll. Mi mancavano i ghiaccioli e il frigo rotto. Calato nel personaggio del rocker, vestivo pure a quel modo, con mocassini e jeans a tubino; vedevo con Giambo, Mauro Bertocchi e Marina Fregoso, nella casa di piazza Chiodo di questi ultimi, gli episodi di Happy Days. Prendevo il materiale dei miei servizi dal numero speciale sul rock di una rivista: “Popstar” che aveva sulla copertina le figurine in stile “Sticky fingers” dei Rolling Stones. I brani musicali me li registrava Maurizio Bisciotti. che aveva un’ottima collezione di dischi comprendente il periodo che m’interessava. Alcuni li comprai trovandoli molto scontati perché non più di moda: i Platters, Tutti frutti di Little RichardWhole lotta shakin' goin' on e Great balls of fire di Jerry Lee Lewis, un disco di Fats Domino e uno di Muddy waters. Il mio preferito era Little Richard ma ero appassionato sia dalla sua storia che da quella del grande Jerry Lee Lewis, la mosca bianca del rock. Mi piaceva meno Elvis Presley, che ora riconosco come un vero talento, insieme a Chuck Berry e a Bo Diddley. Quest’impegno quotidiano e le trasmissioni sul rock alleggerivano per me il peso della militanza politica che, seppur paragonato all’età, era veramente gravoso.” Come dico poi nel proseguimento dell’articolo del blog che continuo a curare come amministratore, “Tempi dei cuori che s’infiammano”, altrimenti detto “cuori in fiamme”, la radio cadde prima in mano degli autonomic che ci estromisero di fatto anche senza violenze, perché in ogni discussione o scelta erano egemoni per l’aggressività che esprimevano. Temendo implicazioni poliziesche molti si dimisero da soci anche per l’impegno finanziario. L’autogestione continuò poi grazie ad un gruppo punk e l’aspetto anarchico è stato ben descritto da Antonio Zollino, che ne fu il tesoriere. Si puè trovare il suo bellissimo articolo di testimonianza sempre nel blog cuoriinfiamme.

Oggi mi restano quei ricordi ed il vanto di essere stato molto estroverso e a mio modo brillante, non serioso militante come apparivo in precedenza. Mi ero appropriato di una leggerezza gioiosa che non mi apparteneva, ma godevo di quel furto alla vita che ritrovo oggi quando mi scappano spiritosi epigrammi che sciorino improvvisando in una conversazione leggera o stemperando la pesantezza di questi momenti truci e cupi. Sono polle sorgenti in un deserto di sconforto e dissetano pure i miei interlocutori che ci si abbeverano volentieri e tornano alle loro case con una piega di sorriso stampata sulle labbra.


[1] Questo brano è tratto dal blog “Tempi dei cuori che s’infiammano”.


 

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