GIAN LUIGI AGO E LA "TENEREZZA"



17 giugno 1976 Festa popolare di DP e LC per le elezioni del 20 giugno, che portarono 6 parlamentari della Nuova Sinistra in Parlamento e furono il megafono dei movimenti che sfociarono nel movimento del settantasette e nel Convegno di Bologna. Alcuni pochi si sono ritrovati in quello stesso luogo magico, Piazza Brin, La Spezia, molto trasformato in questi tanti anni.
Celè, bloccato a Fosdinovo dal lockdown per il coronavirus, ha composto e recitato questa sua poesia in dialetto castelnovese (lui è di Castelnuovo Magra):
Cor giorno n piàza Brin /
a n'avée smiso d'asomiàe /
bài e canti a s'aridée /
er fumo scúo da bomba /
nséma a fàe spaíe /
er grizóe di tempi coi colói /
ma di sómi gèa r finìe.
"Quel giorno in piazza Brin/ non avevamo smesso di sognare/ balli e canti, ridevamo/ il fumo nero della bomba / insieme a fare sparire/ il grigiore dei tempi coi colori / ma dei sogni era il finire."
(Amilcare Mario Grassi Celè) La foto è una tra le tante scattate in quei due giorni da Paolo Luporini, che è anche l'autore di questo video.



Gian Luigi Ago

Abitavo allora a Roma, anche se a Spezia ritornavo spesso. Erano i prodromi del '77, l'immaginazione al potere e gli indiani metropolitani. Un periodo importante che ebbe il suo culmine quando occupammo l'Università nel febbraio '77, uno dei periodi più intensi della mia vita; poi arrivò Lama e la polizia chiamata da lui. Fu l'ultimo colpo di coda di un decennio che avrebbe dovuto cambiare il mondo ma fu invece l'anticamera di un periodo di lotte molto dure, soprattutto a Roma e in altre città come Bologna. A fine '78 tornai definitivamente a Spezia. Finita l'università e finito praticamente tutto, non aveva più senso rimanere, anche se Roma è rimasta la mia città adottiva. Quegli anni "formidabili" erano durati dieci volte il tempo cronologico. Ci disperdemmo tutti dopo quel '78 romano che ci coinvolse in situazioni politicamente molto estreme e prendemmo poi strade diverse. Dopo fu il lento riflusso che chiuse un'epoca. "Le sciarpe rosse e il verde dei giacconi in un armadio che non ho più aperto" dico nella mia canzone Dopostoria. Ma quel periodo ci ha fatto essere quelli che siamo e quegli ideali, quei valori non sono finiti anche se trasferiti per lo più in una dimensione sostanzialmente personale. Se ancora oggi crediamo e ci battiamo, in modi diversi, per i diritti, per la libertà, per il rispetto degli altri, se siamo ancora tra quelli per cui la Resistenza, l'antifascismo e la Costituzione sono cartine di tornasole per valutare il presente, tutto è nato allora. Nessun essere nostalgico, per carità, sono uno che è sempre andato avanti e ha sempre vissuto il presente. I ricordi li amo e li guardo con una infinita tenerezza; sono importanti e non ne dimentico nessuno, anche senza bisogno di farne un anacronistico culto. Come diceva Abbie Hoffman "Certo eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati, ma avevamo ragione".
Ho appena pubblicato sul mio account Fb un ricordo dell'occupazione della Sapienza del '77.

"#Memories
#RomaFebbraio77
Il 17 febbraio di quarantasei anni fa la giornata più importante del Movimento del '77 romano. Nel 2016, a trentanove anni da quella data, sono tornato alla Sapienza negli stessi posti in cui ho vissuto quella giornata e quel febbraio dell'occupazione dell'Università romana. Un anno importante proseguito poi col Marzo di Bologna. Tante cose sono cambiate ma non quanto quelle esperienze sono state capaci di lasciare.
Quel febbraio 1977 segnò una delle ultime pagine dei dieci anni che "avrebbero dovuto cambiare il mondo".
Allora alla Sapienza di Roma, sul muro della Facoltà di Lettere e Filosofia, scrivemmo, non senza fatica, la scritta che si vede nella prima foto (scattata nel 1977). 


Nell'ultima foto io che suono dentro la Facoltà occupata."

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