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Visualizzazione dei post da aprile, 2021

Il nostro indiano metropolitano

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Voglio anch'io ricordare Roberto Sani , l'indiano metropolitano del settantasette spezzino. Oltre alle parole che ho già scritto nei commenti ai molti bei post dei social, aggiungo una mia foto che lo ritrae (è il primo da destra) e l'accompagno con una poesia di un nostro comune amico.  Paolo Luporini VOI Penso spesso a voi. A volte mi pare possibile addirittura ricordare l'esatta composizione dei cordoni, la fila dei volti, tutti i nomi, le storie. Quel giorno che mi ricordo oggi la primavera aveva un altro odore, le leggi di natura, le mura dei castelli parevano pronte a piegarsi al desiderio. Il desiderio, quello che non è un tram, scherzavo ma fosse stato un tram sarebbe ripassato. Qui, alla fermata, il tempo è come appeso, le angosce del presente son lontane, all'edicola scorgo come sempre  tre quotidiani comunisti. "Col caffè alla mattina" avevo scritto un altro giorno in cui pensavo a voi. [Giambo Gian Paolo Ragnoli]

Contro il "delitto di sospetto"

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  da archivio privato g.c.

Una rarità

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  da un archivio privato g.c.

L'incubo dell'Herbert 9C30

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  Paolo Luporini Questa è la famosa "màchina de l'asenòn", chiamata così da un precedente operaio tornitore che non brillava per astuzia. Neanche per me, che gli altri chiamavano "dottore", fu facile lavorarci.  Mi piaceva perché si doveva esprimere una forza "intelligente" nello stringere le morse della piastra che fissava il pezzo. Ero prestante e mi rappresentavo a me stesso come il famoso operaio del film muto "Metropolis" di Fritz Lang. Quel film esprimeva assai bene l'atmosfera 'sotterranea' del nostro reparto.  Quando 'risalivamo in superficie' per recarci in qualche ufficio o alla mensa venivamo colpiti da un senso di straniamento forse dovuto alla luce. Anche in quei momenti i tempi erano stretti e si doveva fare presto a mangiare e l'orologio timbratore del cottimo ci aspettava.  Ancora adesso, che sono passati 41 anni, a volte mi sogno che mi distraggo e lavoro senza aver timbrato la bolla, perdendo così una