LA RESURREZIONE DEGLI DEI



da CUORE SACRO) 

Rossana Cerretti



Era un’istituzione ormai in città: quando alla Spezia si cercava un libro introvabile, c’era “la Adel”, così chiamata da quelli che non erano di casa e si limitavano a qualche fugace, timoroso ingresso, ma per gli affezionati, gli studenti universitari alle prese con qualche raffinata ricerca, gli “ispirati” dalle esagitate lotte politiche di quegli anni, i filosofi con la testa tra le nuvole o soltanto i cultori di letture elevate e rare, la libreria al numero 44 di corso Cavour era semplicemente “Del Santo”. Un nome, una garanzia. Quello che cercavi lì di sicuro c’era, forse perduto in qualche meandro fatto di curve e controcurve del retrobottega, tra pile e pile di storie giustapposte delle quali nessuno avrebbe saputo ricostruire la cronologia esistenziale, ma c’era, e se proprio non si trovava, si sarebbe procurato, magari ricorrendo a qualche casa editrice semisconosciuta. Nessuno era in grado di ricostruire la logica di certe dislocazioni… nessuno tranne uno ovvero Attilio Del Santo, il libraio per antonomasia, colui che conservava nella memoria l’esatta stratificazione di quelle torri pericolanti che via via crescevano soprattutto se dall’entrata ci si inoltrava attraverso strettissimi pertugi foderati, e all’apparenza tenuti su, da tonnellate di volumi, naturalmente tutti importantissimi. Tanto che non ci si rendeva conto se il negozio – ma si poteva chiamare così? – fosse grande o piccolo, visto che non si capiva dove cominciassero davvero i muri… Al primo impatto sembrava che il sapere superstite della biblioteca di Alessandria si fosse improvvisamente concentrato lì, con la sua reale funzione di “sorreggere il mondo”; un dubbio, infatti, ti assaliva: forse tolti quei volumi anche i muri sarebbero caduti? Sappiamo poi che non è stato così, quando i libri nel ‘ 98 se ne andarono per sempre, i muri, gli inutili muri, restarono.

Non era poi neanche così facile entrare in quella libreria tanto diversa, che subito trasmetteva un’aria sacrale e nello stesso tempo ironica, come di chi la sa lunga, a cominciare dal fatto che fuori di solito c’era sempre qualcuno che chiacchierava, e tutti, libraio compreso, si trovavano sulla porta, a scambiarsi opinioni e pensieri: una fucina di idee che coinvolgeva persone di tutte le età, ma vedeva soprattutto un gruppetto di giovani che, dall’abbigliamento vagamente freak e dall’aria risoluta, davano l’impressione di essere impegnati nella difficile impresa di capire il mondo se non addirittura di cambiarlo. Insomma, si entrava con un certo timore reverenziale, e poi si azzardava un titolo: «Sto cercando…”


Attilio Del Santo con gli occhiali sulla punta del naso ti squadrava un attimo come per decidere se fossi degno di quel volume importante e poi cominciava ad accompagnarti per quegli angusti camminamenti scrutando, non si sa bene come, perché luce ce n’era ben poca, le coste di quei libri accatastati o forse solo la loro forma e, alla fine, sotto i baffi grigi si accendeva un sorrisetto soddisfatto: eccolo il libro… ora si trattava solo di estrarlo dalla pila! Proprio questa era stata la scena la prima volta che mi capitò di entrare per dei testi molto noti, ma all’epoca esauriti, che certamente i miei compagni di università si accontentavano di leggere in biblioteca o di prendere a prestito e stop. Io, invece, matricola alle prime armi, mi ero messa in testa che tutti quei libri citati nel programma di Storia medievale dovessero essere comprati, ma mi ero accorta subito che sarebbe stata un’impresa: tutti, anche le librerie universitarie di Pisa se ne uscivano sempre con la stessa risposta: «Ma no, questi sono testi in ristampa» oppure «Sono esauriti da anni!». Ma io non mi rassegnavo all’idea di avere La civiltà dell’Occidente medievale di Jacques Le Goff in fotocopia o La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale di Antal solo in prestito, perché il libro per poterlo studiare si deve toccare e magari, rigorosamente a matita, anche glossare. E così approdai da “Del Santo”. Entrai un po’ titubante, ricordo che il signor Attilio, seduto dietro il banco, alzò la testa interessato per capire chi fosse andato a rispolverare quei classici della storia medievale… Vista la mia giovane età, si rese conto subito che si trattava di una sbarbatella alle prime armi, ma certamente appassionata dei suoi studi, visto che si era data così da fare per trovare dei libri esauriti da tempo, ed esordì «Eh, sì sono libri difficili… Antal, poi, non si trova proprio, Le Goff è in ristampa. Ma vediamo un po’…. Forse…» E quando il discorso prendeva questa piega significava che c’era speranza! Passò nel corridoio che a me sembrò lunghissimo, ma forse solo a causa del percorso accidentato che si faceva sempre più complesso via via che ci si addentrava nel retrobottega e alla fine eccoci arrivati nel covo dei covi dove migliaia di volumi dormivano beati nelle loro cataste, ma pronti all’occorrenza a riprendere vita e a raccontare le loro grandi o piccole storie. «Dovrebbe essere qui.» sentenziò sicuro. E siccome non ci si muoveva quasi tra quelle pile alte e malferme il signor Attilio oscillava voltandosi di qua e di là come il pendolo di Foucault alla ricerca di una direzione, di un indizio, di un colore o di un titolo. E poi alla fine eccolo il libro del Le Goff, sapientemente rilegato con sopracopertina verde, del tutto diverso da quelli allora in commercio, ma sicuramente “lui”, nonostante il differente aspetto: si trattava di un’edizione Sansoni d’annata emersa da quella caverna alchemica in cui ci trovavamo e che era il cuore pulsante e misterioso della libreria. Quel libro è ancora qui con me e spesso mi fa compagnia durante le mie lezioni di storia medievale per i miei studenti del biennio, ma loro neppure immaginano quanta storia abbia dentro di sé, sicuramente anche quella della mia personale età di mezzo, fatta di ideali, sogni e preparazione alla vita. E poi sempre più o meno dallo stesso posto ecco uscire la costa arancione dell’Antal, altro volume che ancora è qui negli scaffali tra i miei libri di arte e sempre accompagna le mie lezioni su Dante e la cultura fiorentina. Visto il mio entusiasmo per quei meravigliosi rinvenimenti che assumevano il valore di una scoperta archeologica e di uno scavo interiore, Del Santo probabilmente capì, non so come, che quella sarebbe stata la mia strada per tutta la vita, forse perché aveva intravisto una passione per la bellezza e lo studio che conosceva benissimo dentro di sé poiché lo aveva animato da sempre. A volte dava quasi l’impressione, ma era impossibile – o no? – che quei libri lui li avesse letti tutti e per questo li ricordasse così bene.


E allora, questo Cagliostro della cultura libraria, incantatore incantato, mi scrutò un momento e poi mi disse: «Senti tu non puoi uscire di qui senza questo libro»: e trasse dalla pila un volume già invecchiato dal tempo: Leonardo, la resurrezione degli dei di Dmitrij Merežkovskij. Io lo guardai con aria interrogativa, ma egli continuò: «Prendilo è un libro bellissimo, sono sicuro che ti piacerà anche se sono in pochi a conoscerlo» Lo presi non molto convinta e, arrivata a casa, per la curiosità lo cominciai subito: lo lessi tutto d’un fiato in pochissimi giorni. Attilio del Santo aveva colto ancora una volta nel segno: nel suo antro fatto di libri aveva visto il futuro e lo aveva accompagnato, forse in parte lo aveva anche creato. Quel libro naturalmente è ancora qui con me, a ricordare la fusione tra sole e luna, tra maschile e femminile, tra argento e oro alla ricerca della pietra filosofale della coscienza, dell’armonia e della bellezza ideale. E’ ancora qui come tutti gli altri che vennero dopo, anche se adesso anch’io a volte mi muovo tra pile di volumi che hanno trasformato alcune parti della mia casa in angusti passaggi, ma così la caverna dell’alchimia continua nelle vite di tutti quelli che sono stati segnati dalla sua iniziazione, anche se non si trova più al numero 44 di corso Cavour.






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